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COLTIVARE LA GIOIA

 


मैत्री करुणा मुदितोपेक्षाणांसुखदुःख पुण्यापुण्यविषयाणां भावनातः चित्तप्रसादनम् ॥३३॥
maitrī karuṇā mudito-pekṣāṇāṁ-sukha-duḥkha puṇya-apuṇya viṣayāṇāṁ bhāvanātaḥ citta-prasādanam 
33

Maitrī = “amicizia, convivialità, cordialità[1]”.
Karuṇā = “compassione”.
Mudita = “gioia”.
Upekṣā = “indifferenza”.
Sukha = “piacere, piacevole, confortevole”.
Dukha = “pena, dolore”.
Punya = “successo”.
Apunia = “fallimento”.
Viṣayā = “esperienza, oggetto dei sensi”[2].
Cittaprasādana = “purificare la mente, calmare la mente, rallegrare la mente”.

33.  La purificazione della mente si realizza coltivando la cordialità, la compassione, la gioia e l’indifferenza nei confronti delle esperienze che provocano piacere o dolore, successo o fallimento.



La pratica dello Yoga, in fondo, non è roba difficile secondo Patañjali, per purificare la mente è sufficiente coltivare la "Convivialità", la "Compassione", la "Gioia" e la tendenza a rimanere se stessi nel successo e nel fallimento.
Non è per niente difficile. 
Ma allora perché non siamo tutti illuminati? (lo so che negli ultimi anni c'è un inflazione di realizzati autonominatisi tali e di new guru multipass, ma la mia impressione è che spesso,  tra il dire e il fare ci sia di mezzo, in questo caso  un mare infinito).
Perché è così arduo imboccare, con sincerità e spontaneità, la via della Gioia e dell'Amore che nulla pretende?

Praticare yoga significa cercare di entrare in contatto con il proprio "Bambino Interiore" (perdonatemi il termine abusato), l'insieme delle forze primarie   della manifestazione che si cela nel  nostro inconscio. Alcuni lo chiamano śiva.
Il bambino interiore ha un potere infinito. Sarebbe in grado  di donarci la felicità eterna, ānanda, ma dorme, profondamente, dentro di noi, "attossicato" dai veleni della mente, le sovrastrutture culturali. 
La mente umana passa il suo tempo a progettare mirabolanti architetture di numeri e parole che le diano l'illusione di poter comprendere l'incomprensibile e limitare l 'infinito, nella speranza, vana, di sostituirsi al creatore.


 Il Bambino Interiore, la sorgente della Felicità,  ha un potere immenso, ma è appunto un bambino e di fronte alle ardite  teorie della mente, si annoia, comincia a sbadigliare  e, infine, si addormenta, di un sonno simile alla morte. Ecco...il Bambino Interiore possiamo veramente immaginarlo come una Sorgente, una sorgente d'acqua pura come il cristallo, dalle qualità meravigliose, una sorgente ostruita da detriti. 

Ovviamente la natura stessa dell'acqua la porterà prima o poi ad uscire all'esterno,il problema è come farla uscire, il prima possibile e senza danni. Non è dato di sapere, all'inizio, quale aspetto possa avere la barriera di detriti, è diversa per ciascuno di noi, mentre la sorgente è identica. 



Immaginiamo la barriera come un diga, di metallo e cemento:
un violento colpo di piccone potrebbe provocare una inondazione disastrosa, e il nostro piccolo ego, necessario alla sopravvivenza su Terra verrebbe spazzato via.

Lo yoga è una via per togliere i detriti e preparare il terreno all'arrivo (ché, ne siamo certi, prima o poi arriverà) dell'acqua della sorgente. 

Lo yoga ci insegna a costruire canali, ripulire anche il terreno , mettere delle tubature nei luoghi giusti. Non si sa quando e perché l'acqua sorgiva uscirà alla luce del sole, della coscienza, si sa solo che , al diminuire della barriera di detriti corrisponde l'aumentano le probabilità di attingere alla sorgente o di avere una visione della purezza delle acque, prima che il nostro corpo diventi cibo per vermi. 



"Il Maestro arriva quando il discepolo è pronto"si ripete spesso negli āśrama e nelle Scuole di Yoga, ma l'insegnamento non si riferisce ad una persona fisica (-"Né Guru né Maestri"-si dice nel tantrismo-"solo Amore"-), ma all'acqua della sorgente interiore. Se la  si vede o ci si bagna o ci si disseta  non possiamo avere dubbi, ma fino a quel momento non potremo, mai sapere se la via che percorriamo è quella giusta. Bisogna solo continuare  a praticare, senza fretta.

L'Acqua  di Vita arriverà quando è il momento e nel modo che preferisce. 
Il Bambino interiore è capriccioso e imprevedibile.


I testi tantrici e vedici  ci raccontano, con un linguaggio non letterario, ma fatto di poesia e immagini, le esperienze ed i percorsi psicologici di chi ha portato ed aiutato a portare  in altri, alla luce della coscienza  l'Acqua della Sorgente. Un autentico insegnante di Yoga, un maestro (con la M minuscola...)  non è chi ti dona l'illuminazione con lo schiocco delle dita, ma colui che, passo passo, può aiutarti a comprendere il vero significato dei simboli e a sviscerare le analogie tra il tuo percorso personale e quello degli antichi yogin. Il tuo percorso. 
Si legge nella Bhagavadgītā (III, 35):

"Meglio il proprio dharma, quantunque imperfettamente adempiuto, 
che non il dharma di un altro, anche se perfettamente adempiuto. 

Meglio è morire nel perseguimento del proprio dharma 
che sopravvivere a quello di un altro". 


Ma attenzione ! 

Non c'è un rapporto di causa effetto  tra comprensione dei testi, pratica, e "risveglio del Bambino Interiore"!

Non è che leggendo e studiando a memoria tutti i testi tantrici e vedantici si ottenga automaticamente la Felicità Illimitata.
Non è che recitando milioni di volte un mantra tibetano faremo per certo conoscenza con il Bambino Interiore.
Lo scopo primario  dello yogin  deve essere quello di  conoscersi veramente, di tirar fuori i propri talenti e, soprattutto, le proprie meschinità. Per addentrarsi in quella entrarsi nella intricatissima foresta della personalità umana, scoprire la bocca ostruita della sorgente e liberarla dai detriti occorre,  si può contare solo sulle proprie forze e sui propri talenti. Che questi talenti o predisposizioni dipendano da vite precedenti, colpi di fortuna o patrimonio genetica, a questo punto del percorso, è cosa assolutamente irrilevante. La cosa più importante da capire è che senza compassione verso se stessi e una dose XXXL di Amore non si va da nessuna parte. 

Per praticare "davvero" Yoga, bisogna  utilizzare tutti i mezzi che la Natura ci ha messo  a disposizione: 


Se siamo sensibili al linguaggio del corpo fisico, all'arte del movimento, all'azione dovremo percorrere quella strada, la strada del Danzatore, dello Yoga come Arte.


Se siamo più sensibili alla voce del cuore, dell'amore inteso come fervore religioso dovremo percorrere quella strada, la strada del Monaco.

Se invece è la ricerca intellettuale, la logica, ciò che meglio ci riesce quella sarà la nostra strada, anche se è la più impervia delle tre.

Non si tratta di vie per la realizzazione, ma di metodi per ripulire la foresta e preparare il terreno alla fuoriuscita dell'acqua.

Quando comincerai ad avvicinarti alla sorgente cominceranno ad avvenire dei fatti, delle coincidenze significative, delle situazioni che pur se sempre nuove e diverse, avranno un sapore particolare ed impossibile da confondere. Ti parrà di vivere all'interno di una bolla, di una dimensione inconsueta, ma in qualche modo familiare, in cui tempo e spazio acquistano un senso diverso e la paura, che sempre ci accompagna nel quotidiano, lascia il posto alla gioia immotivata.

Ma prima di allora non può far altro che praticare, con pazienza, molta pazienza.
Si sa, la forza della natura prima o poi farà  uscire alla luce della coscienza l'Acqua della Sorgente, ma la natura non ha nessuna fretta, il suo tempo è l'Eternità


[1] Ho tradotto con “cordialità”, ma i significati di maitrī sono molteplici. Può significare “amicizia”, “benevolenza”, “convivialità” ecc. Insieme a karuṇā mudita e upekṣā forma i quattro Brahmavihāras, le quattro divine attitudini coltivando le quali il praticante si assicura la rinascita nel regno di Brahma.

[2] Viṣayā nella filosofia indiana viene inteso solitamente come “oggetto di godimento” o “oggetto di conoscenza”. Vedi le interpretazioni di Gauḍapāda, Māṭhara e Vācaspati a Sāṃkhyakārikā 11.

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